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Il Grande Bazar d'Istanbul (in turco Kapalı çarşı, lett. "Mercato coperto")
è uno dei più grandi e dei più antichi bazar del mondo.

Il nucleo del mercato, chiamato Iç Bedesten,
venne realizzato sotto il Sultano Maometto II e fu completato intorno al 1461.
L'area del Bazar è molto estesa e regolare.
Misura 300.700 m², con 4.000 botteghe e negozi, unica nel suo genere.




Ventidue ingressi si aprono sulle sue mura periferiche e consentono l’accesso da più punti della città. Una sessantina di vicoli si intrecciano e si snodano su una superficie di 31 mila metri quadrati, sorvegliati da un attento sistema di sicurezza. Migliaia di negozi rendono il Kapali Carsi (Gran Bazar in turco) un vero paradiso dello shopping, dove la contrattazione è parte dell’acquisto. Il centro del bazar è identificato con la grande sala a cupola di Cevahir Bedesten, dove da sempre si trovano gli oggetti di maggior valore.

Il Gran Bazar rappresenta una grande attrattiva e un’opportunità economica per i suoi quasi 20 mila lavoratori. Alcune stime sostengono che l’affluenza giornaliera vari dai 250.000 ai 400.000 visitatori, a seconda del periodo. Le attività commerciali sono divise per corporazione, riservando a ciascuna un’area definita. Gioielli in oro e argento, lampade, ceramiche, articoli in pelle, tappetti, dolci, saponi e spezie sono solo alcuni dei numerosi prodotti che si possono comprare.



Una confusione di merci esposte ovunque si somma ai motivi floreali e alle bandiere che adornano gli alti soffitti a volta. Luci sfavillanti e idiomi multietnici animano gli ampi passaggi, mentre i richiami dei commercianti sono invitanti canti di sirene. Il traffico umano è continuo e nel dedalo di vicoli il rischio di perdere l’orientamento è reale. Fontane e pozzi, presenti in alcuni incroci, rappresentano un punto di riferimento per il visitatore smarrito.



Costruito attorno a un edificio bizantino, il nucleo originario del mercato venne eretto dal 1453 al 1461 per volere del sultano Mehmet II, dopo la conquista ottomana della città. La sua superficie fu ampliata nel XVI secolo su direttiva del sultano Suleiman il Magnifico. La logica architettonica ricorda quella dei caravanserragli, luoghi di ristoro per uomini e cammelli dopo le lunghe traversate del deserto. Ancora oggi, nella parte vecchia del Bazar è possibile scorgere quegli angoli antichi e appartati, testimonianza di un tempo remoto e delle sue usanze.

Nelle ore di preghiere, discreto il canto del Muezzin aleggia sopra la confusione.
Le due moschee presenti nell’area consentono ai commercianti di alternarsi e adempiere al loro dovere di fedeli senza allontanarsi dai negozi.

Nell’andirivieni di acquirenti, alcuni giovani camerieri si destreggiano con ampi vassoi argentati su cui poggiano tanti bicchierini finemente decorati colmi di tè alla menta. Un servizio organizzato in accordo tra le caffetterie del Bazar e i venditori, che sorseggiano in tranquillità il liquido ambrato e disquisiscono amabilmente in una pausa tra una contrattazione e l’altra.



Piacevole è anche avventurarsi nell’estensione esterna del Bazar. La stessa logica corporativistica raccoglie negozi di bottoni e bigiotteria, casalinghi e sementi, macellerie e ferramenta, adempiendo più alle esigenze dei turchi che non del turista in cerca di souvenir. Odori e suoni spiccano prepotenti, tra auto di passaggio ed enormi spiedi di kebab a bordo strada, da degustare rigorosamente a passeggio, magari ammirando i gonfi abiti da sposa o i colorati foulard che adornano le teste delle donne islamiche
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FONTE [SM=g2729194]



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